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Sei miliardi di nuove tasse necessari, Giorgetti li chiama “sacrifici”. Certamente non li farà lui

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di Giovanna Di Rosa

Servono venticinque miliardi, mica bruscolini, e servo adesso. E siamo a quell’adesso in cui le promesse elettorali bugiarde che sono servite a quella che doveva diventare la nuova Regina d’Europa e che ha fallito e la cui ciurma sta scrivendo libri che vanno in tutte le televisioni riuscendo persino a dire che De Gasperi era fascista, ma i fascisti lo hanno messo in galera, De Gasperi tra il 1927 e il 1928 se la memoria non ci fa difetto, subito dopo che i fascisti aveva decapitato le attività politiche del Partito Popolare.

“Il congresso di Roma fu l’ultimo atto significativo del partito popolare che, impedito d’ogni parte a svolgere le sue funzioni politiche e sociali, lentamente si spegneva. Il D. rassegnava le sue dimissioni dalla segreteria il 14 dic. 1925. Il Popolo aveva cessato le pubblicazioni ai primi di novembre; nel febbraio del 1925 il D. avrebbe lasciato la direzione del Nuovo Trentino. Dovette poi seguire da lontano gli ultimi svolgimenti, tra cui il tentativo dei parlamentari del suo gruppo di ritornare a Montecitorio. Dopo il fallito attentato a Mussolini di T. Zaniboni fu in pericolo anche la sua persona. Ancora indeciso sul da farsi veniva arrestato in treno a Firenze e processato per tentato espatrio clandestino (lo scrive la Treccani online). Difeso da Filippo Meda, fu condannato in prima istanza (aprile 1927) a quattro anni di reclusione, di cui scontò sedici mesi (Rossini, 1974).Fu una prova dura, che non era soltanto quella del perseguitato politico, ma di chi si sente abbandonato dalla sua Chiesa. Dal carcere scriveva alla moglie: “quando ricevo la comunione, pare che Cristo non risponda, ma mi lascia un’impronta nello spirito” (Lettere dalla prigione, 1955, p. 56).
Ottenne la libertà condizionale nel luglio 1928 e fu sottoposto a permanente vigilanza della polizia, che sarebbe cessata solo col 1933: fra l’altro, in un primo tempo gli fu vietato di lasciare Roma, ove si era trasferita la famiglia”.

Questo perché era fascista, figurarsi se non lo fosse stato.

Ma torniamo a Giorgetti, per stare in tema, diciamo (e gli umoristi ci passeranno la battuta). Che il ministro leghista non sia De Gasperi è noto anche alla mia gatta, dunque non ci soffermeremo sulla questione: ci soffermeremo invece su quei venticinque miliardi che non ci sono, su quell’economia creativa di queste destre incapaci che doveva essere salvata affamando i percettori di reddito di cittadinanza (fatto); togliendo i sussidi possibile ove possibile (fatto); discriminando nell’elargizione di misure ridicole che chiamano premio di Natale o come lo hanno chiamato solo alle famiglie sposate ma con una serie di distinguo che porta a pensare che vogliano destinare i soldi solo a chi li vota (fatto); continuando a raccontarla finché dura grazie alla ciurma inviata quotidianamente sulle televisioni italiane a perpetuare la leggenda (fatto anche quello).

Di quei venticinque miliardi che servono ancora non si sa nulla: si dovrebbero ricevere tre miliardi e cento milioni aumentando le accise (ricorderete l’inguardabile video dell’ora presidente del Consiglio); sei miliardi da quei sacrifici che nessuno vuole (nemmeno gli alleati di governo del ministro più creativo della storia dopo Tremonti), e che dovranno fare gli Italiani (i soliti, non quelli che racconta Giorgetti) nonostante la leggenda attualmente in auge racconti che i sacrifici [sic] riguarderanno banche, assicurazioni e grandi imprese. Per comprare le patatine, oltre allo spritz, ci sarà anche una spending review  ministeriale da un paio di miliardi (e vediamo se li mettono a casa a gratis i revisionati della spesa) e poi altre misurette che porteranno un altro miliardo in cassa (vedremo come, già la carta igienica per le scuole se la portano da casa).

Però possiamo stare tranquilli: tanto dal 2025 ci saranno tre miliardi di liquidità in più – che non cambieranno la vostra vita sia chiaro perché con cento miliardi l’anno di interessi sul debito pubblico di cui nessuno vi parla c’è poco da fare i ministri Robin Hood o raccontare panzane. O fanno un’operazione che sia degna di una politica che guarda al risanamento dell’Italia da qui a dieci anni, oppure grazie al loro continuare a guardare alla tornata elettorale di domani questo paese continuerà nella sua crescita dello zero virgola un po’ – che significa, in soldoni, che chi è ricco diventerà sempre più ricco anche grazie a quello zero virgola poco, chi è povero diventerà sempre più povero a causa di quello zero virgola un po’. Tra quei poveri, I’m here to tell you, non ci sarà Giorgetti. Né nessuno del suo governo geniale.

Intanto per chiudere il bilancio in linea con quanto richiesto per abbassare il debito pubblico mancano dieci miliardi, dove li troveranno non si sa. Forse una donazione dalle vendite multimilionarie dei libri di Bocchino già proposto da Meloni (Arianna) e La Russa come imprescindibile libro di testo per le scuole? Anche questo è possibile. Schiantano per generosità da quelle parti. Generosità verbale, più che nei fatti.

 

 

(5 ottobre 2024)

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